Sacerdote e giornalista italiano. Formatosi negli ambienti
del Cattolicesimo post-risorgimentale, ne assorbì lo spirito,
contrapponendosi alla classe dirigente liberale. Ordinato sacerdote nel 1868,
nello stesso anno iniziò la collaborazione all'"Osservatore Cattolico" di
Milano di cui assunse in seguito la direzione. Animato da un evangelico spirito
di uguaglianza sociale, divenne il portavoce dei cattolici intransigenti, in
contrapposizione ai clerico-moderati propensi alla collaborazione con il nuovo
Stato. Dalle pagine dell'"Osservatore" combatté il liberalismo, non solo
laico ma anche cattolico, denunciando il conservatorismo della classe dirigente
liberale e l'incapacità di avviare una politica veramente unitaria.
Propugnatore di una società cristiana interclassista, in contrapposizione
alla società e allo Stato borghese, si fece assertore di un movimento
sociale cattolico tale da aprire la Chiesa ai problemi del lavoro e porla alla
guida delle classi lavoratrici, così da contrastare il movimento
socialista, soprattutto nelle campagne. Questa posizione trovò un
sostegno nell'enciclica
Rerum Novarum del 1891 e, nel fervore del
cattolicesimo della fine del secolo.
A. fece proprio il concetto di
democrazia cristiana introdotto da G. Toniolo, teorico della dottrina sociale
cristiana. Dopo il Congresso cattolico di Milano del 1897, si schierò con
i giovani democratico-cristiani, capeggiati da R. Murri, in contrapposizione
alla vecchia dirigenza conservatrice dell'Opera dei congressi. Dopo i fatti di
Milano del 1898 e la proclamazione dello stato d'assedio, fu tra gli esponenti
della sinistra milanese considerati i capi dell'insurrezione (i socialisti
Turati, Caldara, Lazzari e Anna Kulisciov, il radicale Romussi e il repubblicano
De Andreis), che vennero arrestati e sottoposti a processo. Condannato a tre
anni di detenzione ne scontò uno, nel carcere di Finalborgo, descrivendo
questa sua esperienza in
Un anno di carcere (Filighera, Pavia 1846 -
Carenno, Bergamo 1902).